Il mio aperitivo preferito è “lo scattone, una prelibatezza autentica della gastronomia molisana, tanto semplice da preparare quanto piacevole da gustare. Se non ne hai mai sentito parlare quello che stai per leggere potrebbe sorprenderti e magari alla fine potrebbe venirti anche la voglia di assaggiarlo.
Lo scattone è un aperitivo nato all’interno della società contadina molisana centinaia di anni fa. Si basa su ingredienti semplici che erano alla portata di mano della dieta agraria, vale a dire, vino rosso e pasta fatta in casa.
Secondo la leggenda questo piatto ebbe origine da un fatto del tutto casuale che vide come protagonista un padrone di casa e il suo“scatto” esagerato (da cui scattone per indicare l’entità della sua reazione) quando rovesciò una buona dose di vino rosso nel recipiente in cui stava cuocendo la pasta. Cosa successe dopo? Considerando la penuria dei tempi, i presenti in casa mangiarono comunque l’inaspettato miscuglio di pasta e vino.
Lo scattone era tipico di molti paesini del Molise e si pronunciava diversamente a seconda del dialetto locale. Alcuni lo chiamavano “lu scatton”, altri “r scatton” . Per mantenerlo caldo, si serviva in una ciotola simile a quella in cui oggi versiamo il latte e i cereali al momento della colazione. Per questo, in altri borghi lo chiamavano anche “la tassa” che in italiano vuol dire “tazza.”
In tempi antichi, il consumo dello scattone coincideva con l’ora di staccare dal lavoro durante una lunga giornata trascorsa in campagna. Era lo spritz energizzante che i paesani sorseggiavano seduti vicino al camino prima di mangiare il pranzo o la cena. Le mamme e le nonne della regione del Sannio lo preparavano per i loro figli e i loro mariti poco prima di scolare la pasta nel seguente modo. Riempievano una terrina con l’acqua della cottura (comunemente chiamata in dialetto “la broda”), aggiungevano un po’ di sagnette o taccozze (pasta simili alle tagliatelle fatte con un composto di farina, sale e acqua), del vino rosso bello corposo e, a seconda dei gusti, una spolveratina di pepe.
Lo scattone era molto più che una semplice bevanda. Aveva anche varie proprietà benefiche. In inverno era la tisana casalinga per curare il comune raffreddore in un’ epoca in cui, come possiamo facilmente immaginare, non c’erano né i soldi né le medicine disponibili al giorno d’oggi. Per le neo mamme era lo stimolante ideale per produrre il latte indispensabile per allattare i loro bambini. Nella stagione estiva, era la bevanda dissetante che alleviava la sete dei contadini che scaturiva dalle faccende nei campi.
Con il tempo, la sua tradizione è passata da una generazione all’altra conquistando anche il palato delle famiglie più agiate e le generazioni più giovani che di seminare un chicco di grano o frantumare una zolla di terra ne sapevano ben poco o, forse è meglio dire, niente. A casa nostra la domanda “chi vuole la tassa?” era come un campanellino che stuzzicava il nostro appetito e annunciava l’ora di sedersi a tavola.
Oggi, lo scattone è tuttora un alimento che si prepara in tante case. Rispetto ai nostri antenati, il nostro modo di vivere è completamente cambiato. Eppure, noi così come loro possiamo assaporare il gustoso miscuglio del buon vino e della pasta fatta a mano di un aperitivo rustico che ci racconta anche la storia dei contadini molisani che iniziavano il lavoro nei campi nelle prime ore del mattino e terminavano al tramonto.
My favorite aperitif is the Scattone, an authentic specialty of Molisana cuisine which is as easy to prepare as it is pleasing to consume. If you have never heard of it, what you are about to read might surprise you and, in the end, you might even want to taste it. The scattone is an appetizer that derived from the peasant society of the Molise region centuries ago. It is made with basic ingredients that were within the reach of the agrarian diet – homemade pasta and wine.
According to legend, this dish originated from an incident involving a villager and his exaggerated twitch when he accidentally spilled a good amount of wine in a pot containing noodles. What happened next? To avoid letting food go to waste in time of famine, he and his fellow diners ate the unexpected blend anyway.
The Scattone was typical of many villages of Molise. Depending on the local dialect, it was called “lu scatton” or “r ’scatton.” Since it was served in a small bowl to keep it warm, in some towns they also called it “la tassa,” from the Italian word “tazza” meaning “bowl.”
In the past, the consumption of the scattone coincided with a break from a long day spent working in the fields. It was the energizing spritz that the peasants sipped while sitting by the chimney in anticipation for lunch or dinner. The mothers and grandmothers of the Sannio region prepared it for their sons and husbands just before draining the pasta. They would fill a bowl with the cooking water, (in dialect commonly called “broda”) add a little bit of sagnette or taccozze (homemade noodles resembling tagliatelle made with flour, salt and water), hearty red wine and, for those who preferred it, a sprinkle of black pepper.
The scattone was much more than a simple starter. It also served various beneficial purposes. In the winter months, it was the home remedy to cure the common cold, at a time, as we can easily imagine, money and medicines were not as accessible as today. It was also an ideal stimulant for new mothers to help produce the milk necessary to breastfeed their babies. In the summer months, it was the beverage that quenched the laborers’ thirst generated from farm activities.
Over time, its tradition was passed on from one generation to the next, even conquering the palate of well-to-do families and younger generations. At our house, the question “who wants tassa?” was a figurative dinner bell which tickled our appetite and announced that it was time to sit at the table.
Today, lo scattone is still a dish prepared in many homes. Compared to our ancestors, our way of living has completely changed. Yet, like them, we can savor a delicious blend of bold wine and homemade noodles of a country aperitif that also tells us the story of the Molisan peasants who started work in the fields from the first morning hours and finished at sunset.