I’m Rosa, I’m 32 and I’m Italian. I moved to the U.S. in February 2016. None of my direct ancestors were here before me. My grandmother vaguely remembers that some uncles moved here when she was very young, but she never knew anything about them. One of them went back to Italy after 20-25 years.
So, I’m the first one. The first generation.
In addition to writing for myself, I decided to write this article because I’m teaching Art and Italian in Columbus, OH.
I really love this job. In fact, I think it’s more than a job.
When I started, I was so excited. It was incredible to me that so many people were interested in the Italian language. I asked them the reason. Almost everyone has Italian grandparents. Each student wants to connect his or her life with their own heritage.
Most of them still have grandparents living, but the grandparents speak only a small amount of the language. The students’ parents know almost no Italian, save for a few words. Why? One student told me a few days ago that she asked her grandmother about that. Her answer was, “When we moved, we needed to start a new life. We could not speak Italian because no one understood us and we needed to learn English very quickly because otherwise Americans would never accept us.”
She was touched. She almost started to cry.
I can only imagine how difficult it was 60 or 70 years ago. The world, the society were completely different. People immigrated for reasons different from those today.
Last weekend, Columbus held its annual Italian Festival. I was there and I had the huge pleasure to meet many Italian Americans, and a few Italians, too.
There was an Italian woman, 77-years-old. She spoke to me in Italian and she was so excited because she can’t use her native language much with her family. I asked her about her youth and, after a big breath, she started to narrate. She was 16 when she first came to the U.S. with her family. During that period, she used to cry every night. She didn’t know anyone, she didn’t have friends and she had to work because she was the oldest daughter in her family. How terrible! I saw her eyes, I heard her voice, so feeble. It was like a big jump into the past for her that night. She remembers everything as if it were yesterday. She was strong then and she’s still very strong today. Her beautiful family reminds her that all she suffered was worth it.
A few hours later, another woman approached me. She held a few sheets of paper in her hands. It was her grandfather’s diary. She wanted to know what his handwritten words said. I translated just a few phrases for her and she was so moved and so thankful.
Sometimes when I teach, the students exclaim, “I know that word! I remember when my nonna told me that!” Muoviti! Testa tosta! Mangia!
When speaking about a vacation in Italy, a student told me that neither Florence nor Rome were as great for him as the people and the atmosphere of his grandparents’ small hometown in Sicily.
I think I’ll forever remember all of these moving and funny stories from my students and others that I meet. And, I’m very glad I have this great opportunity. That’s what it means, to me, to be Italian Americans.
They are so strong, so proud. They want to preserve their heritage. They want to know, discover, live their past. They want to remember their roots and I’m sure their children and grandchildren will do the same.
Alla scoperta delle proprie radici
Sono Rosa, ho 32 anni e sono italiana. Mi sono trasferita negli Stati Uniti a febbraio del 2016.
Nessuno dei miei diretti antenati è stato qui prima di me. Mia nonna ricorda vagamente che alcuni suoi zii sono venuti in America quando lei era molto piccola, ma non ha più saputo niente di loro. Solamente uno è ritornato in Italia 25,30 anni dopo.
Quindi io sono la prima. La prima generazione.
Tralasciando la mia storia, ho deciso di scrivere questo articolo perché sto insegnando storia dell’arte e italiano a Columbus, in Ohio. Mi piace davvero tanto questo lavoro e credo che non sia solo un lavoro, nel senso letterale del termine, ma molto di più.
Quando ho cominciato ero davvero emozionata, perché era incredibile scoprire quante persone fossero interessate alla Lingua italiana. Ho chiesto ai miei studenti le ragioni e i motivi del loro interesse. Quasi tutti hanno nonni italiani. Ognuno di loro vuole riconnettere la propria storia a quella dei propri antenati.
Molti di loro hanno ancora i nonni in vita, ma quest’ultimi parlano solo un po’ in dialetto. I genitori, invece, non parlano quasi per niente italiano, a parte qualche parola. Ma perché? Una studentessa mi ha detto qualche giorno fa che aveva chiesto a sua nonna il perché di tutto questo e la sua risposta era stata: - Quando ci siamo trasferiti avevamo bisogno di iniziare una nuova vita. Non potevamo parlare italiano, perché nessuno ci capiva e avevamo necessità di imparare velocemente l’inglese per poter essere accettati dalla società.” Lei si è commossa. Ha quasi cominciato a piangere.
Io posso solo immaginare quanto fosse difficile sessanta, settanta anni fa. Il mondo, la società erano completamente diversi. Le ragioni dell’immigrazione erano altre rispetto ad oggi.
Lo scorso weekend, a Columbus, c’è stato l’Italian Festival. Io ero lì e ho avuto l’enorme privilegio di conoscere molti italo – americani e anche qualche italiano. C’era una donna italiana di 77 anni. Ha cominciato a parlarmi in italiana ed era così emozionata, perché con la sua famiglia non ha possibilità di parlare molto nella sua lingua madre. Le ho chiesto della sua giovinezza e, dopo un grande sospiro, mi ha cominciato a raccontare… Aveva 16 anni quando si è trasferita negli Stati Uniti con la sua famiglia. Durante il primo periodo, piangeva tutte le notti. Non conosceva nessuno, non aveva amici e doveva lavorare perché era la sorella maggiore di tre. Quanta sofferenza! Ho visto i suoi occhi, ho ascoltato la sua flebile voce. Per le è stato come fare un grande salto nel passato. Ricorda tutto come se fosse ieri. E’ stata molto forte e lo è tutt’oggi. La sua meravigliosa famiglia le ricorda che quei momenti di tristezza sono valsi la pena.
Qualche ora dopo, un’altra donna mi si è avvicinata. Aveva in mano qualche pagina fotocopiata. Era il diario di suo nonno. Voleva sapere cosa si celava tra quelle parole scritte a mano. Ho tradotto per lei solo qualche frase, ma lei, seppur per così poco, era così emozionata e riconoscente.
Qualche volta, mentre insegno, i miei studenti esclamano: - “So questa parola! Mi ricordo quando mia nonna me la diceva da bambino. ” Muoviti! Testa tosta! Mangia!
Parlandomi della sua vacanza in Italia, uno studente mi ha detto che nè Firenze, nè Roma lo hanno colpito così tanto come la gente e l’atmosfera del piccolo paesino natio dei suoi nonni in Sicilia.
Storie commoventi, altre divertenti. Sono sicura ricorderò questi momenti per sempre. E sono davvero molto grata di avere questa grandiosa opportunità. Questo è quello che significa per me essere italo – americani. Essere forti e orgogliosi. Loro vogliono preservare la loro eredità culturale. Vogliono conoscere, scoprire, vivere il loro passato. Vogliono ricordare le loro radici e sono sicura che anche i loro figli e i loro nipoti, faranno altrettanto.